La povertà e la scarsa disponibilità di nutrienti del suolo della torbiera hanno favorito alcune specie, quali ad esempio le drosere (Drosera rotundifolia) e le pinguicole. Queste ricavano l’azoto, necessario alla crescita, dagli insetti che catturano con le foglie vischiose e digeriscono grazie ad enzimi secreti dai peli ghiandolari: da qui il loro suggestivo appellativo di “piante carnivore”. Sono specie piccolissime, misurano al massimo pochi centimetri, dotate di una rosetta di foglie basali e un sottile fusto fiorale eretto.
Foto: Drosera rotundifolia @Federica Gironi
Al Paluaccio si trova un’altra piantina carnivora molto speciale: Utricularia minor, detta “erba vescica minore”. Vive immersa completamente nell’acqua e possiede caratteristiche vescichette che agiscono sia da galleggianti che da minuscole trappole. Sono piene di aria e hanno piccole setole all'estremità: quando le setole vengono toccate, ad esempio da un piccolo crostaceo, la trappola si apre (circa 15 millisecondi) e l'animale viene risucchiato dentro la vescichetta dall'afflusso di acqua, fornendo alla pianta i composti azotati che scarseggiano nell'habitat in cui vive.
Foto: Utricularia minor @Federica Gironi